Non lasciarmi

Distopia. Sai che novità! Non so spiegare perché ma adoro questo tipo di mondi. Forse perché il cinismo che è in me mi fa pensare che la distruzione di noi saremo proprio noi stessi. Ma, bando alle ciance, parliamo del libro.

Mi stavo dimenticando l’avviso, dunque: SPOILER SPOILER SPOILER. Ci saranno inevitabilmente, non sono ancora così abile a non farne per recensire qualcosa, ma cercherò di limitarli il più possibile.

Non è una lettura facile, il lessico e il linguaggio non così complicati da non far comprendere ma alcune volte ho trovato il tutto un po’ pesante. E il pesante non è legato solo a questo ma anche alla storia in sé. Questo è un libro che lascia il segno. Ti porta in una realtà che non vorresti mai trovarti di fronte, che ti spaventa e ti angoscia. Ti fa pensare come potremmo reagire se ci trovassimo di fronte a uno scenario simile. Spicca la rassegnazione non solo dei protagonisti ma di tutti i donatori. Sono stati fabbricati per quel motivo e questo li porta ad accettare il loro ineluttabile futuro senza disperazione ma, appunto, con rassegnazione.

In questo caso non ci sono guerre o mondi da ricostruire ma è un libro che ci porta a contatto con la coscienza che ognuno di noi possiede. E fa riflettere.

Sono consapevole che non si capisce molto del libro, cercherò di fare un po’ di chiarezza con una trama molto molto abbozzata.

Siamo in un possibile futuro dopo la seconda guerra mondiale. La voce narrante che ci accompagna fino alla fine del libro è quella di Kathy, l’unica ancora viva tra i protagonisti. Racconta, tramite l’uso di flashback, la vita di un gruppo di tre ragazzi apparentemente normali, ma che un giorno saranno donatori. La scienza è riuscita a trovare il modo di combattere determinate malattie tramite l’uso di esseri umani appositamente creati per essere usati. Sì, usati, perché di questo si tratta. Si creano vite umane per usarle poi nel momento del bisogno. Tutto questo senza alcun rimorso di coscienza, senza porsi alcuna domanda. Donatori e riceventi sono la normalità.

Non voglio parlare tanto dei protagonisti anche se Ruth l’ho digerita davvero poco, non mi è piaciuta e la catalogo tra i personaggi con un carattere negativo e prepotente con la quale non potrei mai andare d’accordo. Kathy invece ha suscitato in me una profonda sensazione di tenerezza, sensazione che ho ritrovato anche in Tommy, ragazzo ingenuo e impulsivo un po’ bistrattato da entrambe le ragazze.

Se vi aspettate un libro in cui alla fine c’è una presa di coscienza da parte di qualcuno e che l’ordine normale delle cose sia ristabilito, non è il libro che fa per voi. Le emozioni di angoscia, rassegnazione e tristezza che si accavallano alla fine di questa lettura sono così potenti che non lasciano spazio nemmeno a un piccolo barlume di speranza. Quella è realtà e così sarà per sempre, non vi può essere alcuna soluzione. Per lo meno, questo è quello che ho percepito io alla fine della lettura.

La società “normale” che usufruisce di questi donatori è come alienata, non si rende conto sul serio da dove provengano gli organi di cui hanno bisogno, o meglio, se lo sanno lo nascondono in quella parte del cervello in cui tendono ad essere archiviati tutte le esperienze che hanno segnato in modo negativo l’esistenza; perché è così che lavora il cervello umano: quello che mi spaventa o mi rende triste lo archivio e cerco di fare finta che non esista. Ho provato a immaginare cosa accadrebbe nella nostra società se all’improvviso venisse fuori la notizia che esistono dei vari campi di addestramento in cui vengono “coltivati” degli altri esseri umani. Cosa farei io se fossi parte di quella società? Se avessi bisogno di un fegato per salvarmi la vita? Se ne avesse bisogno uno dei miei figli? Un amico? Un parente? Sarei così propensa a condannare il modo di agire. Ci ho pensato molto e la risposta che mi sono data è che probabilmente ogni essere umano presente sulla terra condannerebbe l’atto in sé ma nel momento del bisogno sarebbe disposto a girare la testa dall’altra parte. Perché purtroppo l’essere umano è fatto così. Non dimentichiamoci che siamo comunque animali e l’istinto di sopravvivenza è parte di noi fino al midollo. Io o un oggetto creato. Questa sarebbe la scelta. Perché i vari Kathy, Ruth o Tommy sarebbero solo visti come un qualcosa di creato appositamente per il benessere. Nessuno si preoccuperebbe di loro. Sono drastica ma credo che questo sarebbe ciò che potrebbe accadere. Ci gireremmo tutti dall’altra parte perché è così che vanno le cose.

Lascia una sensazione di impotenza odiosa. E ancor più odioso è vedere i protagonisti accettare il destino non solo senza lottare, ma senza minimamente pensare a lottare perché è così che vanno le cose.

Il libro non decolla, questo è vero, è abbastanza piatto come narrazione però il messaggio che c’è dietro trovo che sia davvero straziante e capace di toccare corde che in fondo ci fanno paura.

Appena terminato ho pensato, toh guarda non è poi sto grande libro di cui tanti parlano, ma piano piano, riflettendo e lasciando sedimentare certi concetti mi sono resa conto che è un libro da capire e per farlo è necessario lasciare passare un po’ di tempo. Per me è stato così.

Avrei ancora tante cose da dire ma il punto fondamentale credo di averlo snocciolato. Se non l’ho fatto ditemelo voi, sarei contentissima di parlarne e continuare la discussione

Buona lettura a chi lo vuole leggere! Chi l’ha letto si senta libero di condividere tutto quello che vuole nei commenti, mi fa un immenso piacere.

Ele.

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It’s time

It’s time to be back.

Non mi scuserò mai abbastanza per essere così incostante ma purtroppo lo sono. Lo sono stata, lo sono e lo sarò sempre temo. E pensare che scrivere e leggere sono due delle cose che amo più al mondo anche se la mia vita si sta dirigendo in tutt’altra direzione.

Vorrei poter essere in grado di promettere che le mie recensioni, o meglio, gli sproloqui pieni di sensazioni e sentimenti che lasciano quasi tutte le mie letture, siano più regolari ma credo che sia una promessa vana.

Mi impegnerò.

Questo posso prometterlo. Amo troppo questo per non farlo. Partirei sconfitta e questo non voglio farlo.

Perciò se siete ancora qui a leggere questo, dopo tutto questo tempo, GRAZIE, GRAZIE DI CUORE!

Sarà stupido dirlo ma questo è uno dei pochi momenti in cui riesco ad essere pienamente me stessa, in cui posso dire davvero quello che mi sento di dire senza “paura” che qualcuno mi giudichi, perché in fondo, per me leggere è qualcosa di davvero personale. Mi apre un mondo al quale nessuno ha accesso, un mondo tutto mio, pieno delle mie emozioni e delle mie sensazioni che a volte sono così intime che quasi mi fa paura esternare!

Bene, dopo queste parole inutili (? Non so, ditemelo voi!XD) è tempo che inizi a condividere alcune riflessioni sui libri che ho letto ultimamente. Una particolare sproloquiata ha ancora bisogno di un po’ di tempo per essere condivisa. Le emozioni sono una cosa complicata e ho ancora bisogno di metabolizzare alcune cose (molte a dire la verità) oltre a dover propriamente finire il libro stesso.

Che inizino le danze.

Ele.

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Hunger Games (libri): al via l’opinione più lunga del secolo!

SPOILER!!!!
MI RACCOMANDO! CHI NON HA ANCORA LETTO LA SAGA NON PROSEGUA O SE LO FA SAPPIA CHE LO FA A SUO RISCHIO E PERICOLO.
Vi ho avvertiti! 🙂
Buona lettura! E’ un post lunghissimo! Preparatevi!
Vi avverto anche del fatto che essendo stato scritto di getto potrebbero esserci delle ripetizioni!
Ho finito con le premesse!

Ho letto tutti e tre i libri velocemente, ma non quel velocemente che potrebbe significare “oddio non vedo l’ora che questo orrore finisca”. No. Tutto il contrario. Non vedevo l’ora di leggere il seguito, di capire cosa sarebbe successo dopo. Di vedere finalmente la rivolta.
Penso sempre che un libro ti sia davvero piaciuto quando personaggi e storie raccontate lasciono un vuoto alla fine, quando tutto è finito. Quando ti sembra di conoscerli così bene da desiderare che esistano davvero per parlarci insieme anche una sola volta. E questo è avvenuto. E allora questo è proprio il caso di dire che mi è piaciuto, e molto, come non mi accadeva da un po’.
Leggendolo ci si sente orfani come Katniss, innamorati come Peeta, combattivi come i ragazzi del Distretto 2, si sente la fame e la disperazione della popolazione costretta in schiavitù, si disprezza l’abbondanza di Capitol City, si detesta con tutto il cuore Snow e perfino le rose, fino a quel momento considerate un fiore come un altro si vedono sotto un’altra luce.
Ci si affeziona, c’è poco da fare. Lungo tutto il percorso mi sono affezionata ai vari personaggi, a chi più e a chi meno..
Non sono d’accordo con chi dice che non si riesce ad empatizzare con i personaggi, ci sono riuscita, non sempre ma ci sono riuscita. Tante volte avrei dato uno schiaffo a Katniss, ma si sa questo fa parte dell’essere lettore!

Non discuto quasi mai dello stile dell’autore di un romanzo, tranne quando proprio non riesco a digerirlo e non è questo il caso. E’ raccontato tutto in prima persona, la Collins ha volutamente lasciato sconosciute molte e moltissime cose essendo appunto Katniss la narratrice. Ha saputo davvero tirare il lettore dentro la storia facendolo indubbiamente parte di essa.
Sto cercando di vedere i tre volumi come entità separate ma purtroppo non ci riesco…
Proverò a vederli come se fossero un qualcosa di separato per parlarne con chi ha già letto tutta la trilogia.

Hunger Games.
WOW! Le parole che esprimo dopo il primo volume divorato pressoché in un paio di giorni sono queste!
Ho adorato praticamente tutto! L’idea è buonissima e l’autrice ci trascina dentro il mondo di Panem con estrema facilità. Vediamo ciò che ci circonda con gli occhi di Katniss e all’inizio è positiva la cosa, ci si immedesima subito, dopo un po’ però si vorrebbe conoscere di più. Questo purtroppo o per fortuna, dipende da chi legge, non avviene. Personalmente mi sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più sullo stato d’animo dei vari personaggi. Un esempio per tutti: Peeta cosa ha pensato quando Katniss si è offerta volontaria per salvare la sorella? Essendo così protettivo e determinato nel volerla vedere salva sarebbe stato disposto ad offrirsi volontario? Avrebbe commesso una scelta suicida?
Se da un lato mi sarebbe piaciuto leggere tutto questo dall’altro sono contenta che non vi sia alcun cenno perché così posso immaginare io cosa è passato nella mente del ragazzo del pane in quei frangenti.
I giochi sono una cosa brutale inumana e inaccettabile ai nostri occhi ma per Panem non è così. Fa orrore vedere Capitol City divertirsi nel vedere dei ragazzini uccidersi a vicenda e fa ancora più orrore percepire che i genitori del Distretto 2 sono contenti che i figli partecipano al reality.
Katniss è fredda, cinica ed egoista. Non la biasimo affatto. Chi non lo sarebbe in una circostanza simile? Vediamo una Katniss piena di sentimenti con Rue. Quando capisce che può tornare a casa con Peeta fa di tutto pur di riuscirci.
Peeta è completamente innamorato della fanciulla. Perso. Andato. (Katniss se non ti garba lo prendo io eh! Non ho nessun problema!) Non recita, i suoi sentimenti sono genuini, così puri che non possono fare altro che non farlo amare al lettore. L’ho adorato subito. Direi che è il mio personaggio preferito.
I concorrenti sono comparse, ma tutti lasciano un pezzetto di loro a Katniss e di conseguenza al lettore.
Gale non mi piace. Non c’è verso mi spiace. Il bel tenebroso non fa per me.
Haymitch è il primo segnale che ci fa capire cosa provoca un’esperienza come partecipare agli Hunger Games. Il suo “STAY ALIVE” è come un marchio di fabbrica.

La Ragazza di fuoco.
Qui capiamo il vero intento di Snow. Katniss e Peeta (non solo Katniss, erano insieme in quell’arena!) hanno dato un segnale, il popolo inizia a sentire la voglia di ribellarsi.
Incontriamo nuovi personaggi. Finnik e Johanna su tutti poi Rotella e Lampadina!
Che la rivoluzione abbia inizio!
Rispetto a quello che ho speso per l’ultimo libro quello dedicato ai primi due è poco, lo so. Tuttavia in quello che segue ci sono anche considerazioni generali, opinioni ed analisi che mi sono sentita di fare solo alla fine di tutto.
Ma veniamo all’ultimo libro della saga, quello che mi ha lasciato più basita di tutti.

Il canto della rivolta
Mi ha deluso.
Non completamente, ma quel tanto che basta a non farti essere completamente appagata, il che non è necessariamente un male, ma questa volta, almeno per me, lo è.
Dovessi dare un voto solo a questo libro sarei piuttosto tirchietta nel darlo e indecisa; probabilmente non sarebbe troppo basso perché non amo quasi mai scendere sotto una data soglia, trovo pressoché ovunque qualcosa che mi piace e anche una singola frase che mi colpisce di solito non fa scendere i voti più in basso. Però. C’è un però, o meglio, ce ne sono tanti in questo libro.
Non riesco a farmi andare giù la Katniss che ci troviamo di fronte. Non mi va il suo vederla così spesso piangere e non reagire. La guerra cambia, questo è un messaggio che in ogni modo la Collins vuole farci avere e farci percepire in profondità. E sono d’accordo con lei, però lo sconforto più totale porta anche alla rinascita più grande: è proprio nei momenti peggiori che ci si aggrappa a tutto quello che si trova per sopravvivere, per reagire e per lottare. E solo senti tutto crollarti addosso, quando ormai è tutto finito e ti rendi conto che non hai più nulla per lottare ma devi solo andare avanti, continuare a vivere anche se una parte di te è morta durante la guerra. Mi viene sempre in mente l’esempio delle grandi estizioni: non sono mai avvenute durante i grandi cambiamenti, ma dopo.
E’ questo che mi sarei aspettata da Katniss, vederla soffrire ma comunque appigliarsi a qualcosa per lottare, per combattere quello che era rimasto di Capitol City, e invece no, Katniss piange e si dispera. Tante, troppe volte l’ho vista arrendevole, ormai solo un’ombra di quello che era davvero la ragazza di fuoco. Katniss non combatte quasi mai, l’abbiamo vista più agguerrita durante gli Hunger Games che qui. Katniss in questo terzo capitolo è solo più l’ombra della ragazza di fuoco, nulla più. Purtroppo.
Non critico il fatto di vederla in balia degli eventi, perché si sa, in guerra lo si è sempre, una volta che si è sul campo di battaglia è difficile comprendere quale sia la parte giusta; è impossibile riuscire ad accettare la morte di gente che in fondo ha avuto solo “la colpa” di nascere al di qua o al di là dello steccato.
Però cavolo Susan potevi metterci di più, fare quattro libri invece di tre, ma perché liquidare tutto così in fretta? Perché?
Prima scorre tutto molto lentamente, Katniss è solo una modella che deve dare il volto e la voce alla rivolta, nulla più. La Battaglia, quella con la B maiuscola che dovrebbe avvenire nel palazzo è appena menzionata, non si sa bene cosa accada, Katniss si sveglia quando ormai è tutto finito e non viene spiegato quasi nulla.
Mi è piaciuto, l’ho già detto ma lo ridico (XD), l’intento della scrittrice di farci capire che in guerra in fin dei conti non ci sono né vinti né vincitori ma solo distruzione e desolazione. Mi è piaciuto come abbia voluto sottolineare che in fondo la storia si ripete, si arriva sempre ad un punto in cui tutti concordano con il terminare i conflitti ma questo periodo purtroppo dura poco e si ricomincia con le guerra. Siamo esseri con una memoria a breve termine e questo purtroppo ci porterà prima o poi alla distruzione.
Parole forti e pensieri altrettanto forti, veri, verissimi. Mi è piaciuto come abbia deciso di mostrarci un futuro così cruento e dove la vita di un essere umano è considerata meno di zero, senza pensare alle critiche o alla destinazione una volta pubblicato. Perché la guerra è tutto fuorché rose e fiori e questo troppe volte viene dimenticato. In questo la Collins è stata sublime, fa comprendere e descrive alla perfezione come un evento di tale imponenza cambi per sempre l’animo della gente.
Le morti colpiscono tutti. Questo non è solo chiaro ma evidente. Susan un piccolo accenno a che so io qualche commemorazione? No. Nulla di tutto ciò. Di Finnik, uno dei personaggi meglio riusciti, sappiamo solo che è stato sbranato. Nulla più.

E veniamo ad un altro punto che mi ha lasciato interdetta:
Il triangolo.
Apprezzo, e non sapete quanto, il fatto che il triangolo sia parte marginale del libro. Non ce l’avrei fatta a farmi piacere un libro basato solo su quello, ne ho già abbastanza dei telefilm che ci propinano solo quello a discapito della storia vera e propria.
Però, c’è un però ovvio. La gestione è stata davvero pessima. Va bene che Katniss ha 16 anni e alla fine 17 però porca miseria non è possibile che un giorno baci Peeta convita di volergli davvero bene poi si butti su Gale e viceversa. Capisco il fatto che in fondo sia confusa, che conosca Gale da una vita e che sia un parte fondamentale di questa, però c’è un limite… Forse sono io che sono strana e non riesco a capire quello che voleva trasmettere la Collins.

Ai miei occhi di lettrice lei è sempre stata innamorata di Peeta, quello che traspare dalle parole dell’io narrante è la nascita di un amore che piano piano cresce. Non riesco ad immaginarmi una Katniss innamorata di Gale, vuole bene a Gale, ed è indubbiamente vero, ma non ne è innamorata.
Nel primo libro vedo una Katniss che si innamora di Peeta lentamente, ne è inconsapevolmente attratta (non solo fisicamente) da quando l’ha visto darle il pane, e durante i giochi si avvicina sempre più. E’ normale che all’inizio reciti, in fondo è quello che devono fare però dopo la fine del primo libro è il caos, Peeta, Gale, Peeta, nuovo Gale e così via. Il che non è strano per una adolescente, ma qui le basi non ci sono, non si capisce perché lei scelga uno o l’altro, sembra farlo a caso, perché in quel momento uno non c’è o perché pensa che è la cosa giusta da fare ma mai perché è davvero quello che vuole.
Non mi ha convinto nemmeno il finale. Non critico la scelta di mostrarci KAtniss con due figli, perché ho sempre interpretato il suo rifiuto ad averli per gli Hunger Games e una volta che tutto è finito si è sentita libera di averne ma non mi va giù come sia stata improntata “la scelta”. Agli occhi di Katniss sembra che la volontà di formare una famiglia con Peeta non sia avvenuta consapevolmente, sembra che sia ritrovata al distretto con lui e tutto sommato quello le andava bene.
Solitamente sono “annoiata” dai triangoli primo perché se troppo esaltati fanno perdere il senso alla storia principale e tolgono spazio ad essa (se stiamo parlando di un harmony mi va anche bene ma per qualsiasi altro genere no.) poi perché di solito c’è la ragazza con un pretendente “buono” e uno “cattivo”, passatemi questi due termini poco felici, e ovviamente (?) la ragazza sceglie quello “cattivo” che non è quasi mai quello che preferisco io. Per una volta che una sceglie il ragazzo buono, tenero e comprensivo possibile che la scelta venga descritta così male e non sembri nemmeno una scelta?!?!?!
Per una volta che una protagonista sceglie (ma è poi una scelta quella?) chi piace alla sottoscritta, tu cara Collins devi proprio scrivere una fine così orrenda?

Gli altri due mi erano molto piaciuti, il primo è stato una rivelazione, il secondo è stato bello, la Collins ha inserito nuovi personaggi senza farli sembrare fuori posto, il terzo è stato purtroppo deludente.
La parola che mi viene in mente adesso è peccato, perché è stato davvero un peccato, un’occasione sprecata per concludere una storia che era partita con il piede giusto.
E scusate lo sproloquio.
Ele.

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Due parole su di me.

Una presentazione ci va. Non posso iniziare a recensire così a caso. Quindi sorbitevi qualche parola su di me.
Mi chiamo Elena e ho 25 anni. Amo leggere. Tutto, o quasi. Ogni libro che passa sotto le mie mani lascia una traccia di sé, ogni tanto permanente, ogni tanto no. Molte volte le frasi che leggo lasciano un marchio tangibile che mi accompagna nella vita di tutti i giorni.
La lettura è una parte fondamentale del mio essere. Tante volte vorrei essere parte di ciò che sto leggendo, vivere le avvenure ed esserne parte.

Sembro una pazza. Forse, o forse no. Non importa. Ho finito tempo fa di preoccuparmi su cosa può pensare la gente. Sono così. Fine. Di solito è un prendere o lasciare.

Vorrei riassumere qualcosa di me con pochi aggettivi, un po’ come si faceva a scuola con i temi, ma non so quanto posso esserne capace. Vediamo cosa viene fuori.

Impulsiva. Questo sì è dannatamente vero. Troppo.

Scrivo solitamente di getto. Anche adesso. Altrimenti è la fine, potrei fissare la pagina bianche per ore se programmo di dover scrivere. Ovviamente scrivendo così di getto appariranno degli errori, ne sono sicura, perdonatemi in anticipo per questo.Anche adesso, mentre scrivo questa parte è così.

Odio le persone false, probabilmente perché sono l’esatto contrario. Dico quello che penso quasi sempre, anche a costo di rimetterci, è più forte di me: non me ne faccio nulla di 200 amici fasulli pronti a pugnalarti alle spalle, ne preferisco 3 ma veri, sinceri e capaci di dirmi quello che è vero anche a costo di farmi stare male.

Adoro Beyonce. Tanto. Proprio proprio tanto! Per essere chiari, non la Bee di sasha fierce ma la Bee che non ha paura di 4 o la Bee di BDay.

La mia stagione preferita è l’autunno. I colori che si vedono in quel periodo sono unici e mi trasmettono un senso di pace e tranquillità.

Guardo un sacco di serie TV. Troppe credo. Quasi tutte provengono da oltre oceano. Le guardo rigorosamente in lingua originale (quando possibile).

Amo fare fotografie. Non so quanto possa essere brava in questo. Non troppo comunque.

Guardo il calcio e la F1. Sono un’altra parte importante di me.
Perché ho deciso di recensire quello che leggo?
Un motivo c’é, ho appena finito di leggere Hunger Games e ho scritto quello che penso, ho provato a pubblicare la recensione su Anobii ma non viene pubblicata, la rotellina gira da una buona mezz’ora. So perché, non preoccupatevi, è troppo lunga. Sono tre pagine word solo per l’ultimo volume della saga. Penso sia esattamente per quello. Ma i pensieri che mi sono venuti in mente, che ho buttato giù volevo assolutamente condividerli, sapere se solo io ho avuto quelle sensazioni, non volevo rinunciarvi ma, appunto, condividerle.

Qualcosa su di me l’ho detto, non so se il flusso di pensieri abbia una logica o se risulti tutto sconnesso. Ditemelo voi. E sentitevi anche liberi di farmi delle domande (nel limite della decenza vi prego! 🙂 )

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